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Tenerife, info generiche

L’amore è un viaggiatore senza meta. E quindi eccoci nella mia seconda tappa in questo viaggio di esplorazione delle Canarie, l’isola più grande del gruppo e con il chakra più bello, quello del cuore: Tenerife.
E proprio come il cuore, Tenerife va esplorata per zone, senza fretta e con la voglia di accogliere tutto quello che questo posto fuori dal mondo ha da offrire.

L’isola ha due aeroporti: quello al Nord, e quello al Sud. Per comodità anche a livello di voli diretti da Malpensa, ho scelto l’ultimo; quello di Reina Sofia. Vi sottolineo, inoltre, che è indispensabile noleggiare una macchina, in quanto le strade sono meravigliose da percorrere, valgono qualsiasi spostamento e la benzina è veramente economica (si aggira tra i 0,85 e i 0,90€ a litro.. follia!). 

La zona del nord è caratterizzata da vegetazione come palme e cactus, ed è più indicata a chi sogna una vacanza all’insegna del relax e del trekking. La zona sud, quella che ho scelto io, è eccezionale per quanto riguarda le spiagge, i pranzi in riva al mare, gli aperitivi serali, ma anche gli sport come il diving, lo snorkeling e il surf.
Ed è dal Twin Fin Surf & Yoga camp che inizia la mia avventura.
Situato nel bel mezzo del deserto dell’isola più grande delle Canarie, è stato inoltre studiato per essere collocato in un punto preciso: tra El Teide e l’oceano, un vero punto di massima energia.

Quando sono arrivata, la sera, al buio, ho percepito la magia di quel posto anche senza il senso della vista. La quantità di vibrazioni rilasciate da un piccolo gruppetto di ragazzi seduti al tavolo a mangiare, era incredibile. C’era pochissima luce, un cielo trapuntato di stelle (giuro di non averne mai viste tante in vita mia!) il sottofondo di una canzone che faceva da contorno ad un mucchio di risate, ed un profumo assurdo di zucca.

Le giornate al camp sono state all’insegna del relax, delle risate e della condivisione. La colazione e la cena arrivavano direttamente dall’orto, dove quotidianamente si raccoglievano manghi e zucche, banane, fichi, pomodori. Gli ospiti del camp si dividono in volontari e guests.
I volontari, sono persone che abitano al camp per alcuni periodi, nelle tende da campeggio, e si occupano di varie attività, dalla pulizia degli spazi comuni, alle lezioni di surf/yoga, alla preparazione della cena, al marketing, e via dicendo.
I guests, invece, sono gli ospiti temporanei, come lo sono stata io. Ma quanta gente è arrivata come guest ed ha lasciato il camp da volontaria….



Le lezioni di surf iniziavano intorno alle 9, dopo una mezz’ora abbondante dedicata allo stretching e al miglioramento teorico delle varie tecniche. Surfare su un fondale roccioso non è facile, a cominciare dall’entrata in acqua. Se è la vostra prima volta, vi consiglio un fondale sabbioso. Cadere dalla tavola o essere sballottati da un’onda vi farà meno paura. Non vi nego che io stessa, che tendenzialmente mi lancio nelle cose senza farmi troppi problemi, mi sono un po’ spaventata questa volta. Le onde di mercoledì erano alte quasi 3 metri, e credetemi che quando ve le trovate davanti pronte a inghiottirvi, stanchi per le continue remate verso il mare aperto, e sapendo che sotto di voi il fondale è fatto di roccia lavica, non è divertente.
Ho fatto un po’ la fifona questa volta, non ho problemi ad ammetterlo. Il surf a Tenerife mi rivedrà quando sarò un pochino più esperta.

Molto meno stressante e sicuramente meno pericoloso, è stato lo yoga 😀
la prima volta, abbiamo deciso di praticarlo al Teide, poco prima del tramonto. Un’esperienza incredibile, l’energia che arrivava dal terreno e dal vento ci ha regalato una sensazione di pace e tranquillità che non provavo da tempo.
Lara, l’insegnante, non ha mai rivelato le sue origini, tantomeno l’età. Si è sempre definita “cittadina del mondo”, affermando di non aver bisogno di ricordare informazioni superficiali come l’età anagrafica o la città/il paese di provenienza per vivere a Tenerife. Affermava che le persone che giungevano su quell’isola ricominciavano da zero. A vivere, a pensare, ad amare.
Ho capito questa cosa solo mentre mi recavo in aeroporto, purtroppo.

Libertà.

È stata questa la parola chiave di questo viaggio. Mi sentivo libera da ogni pregiudizio, ogni genere di catena emotiva, ogni pensiero. Quando mi infilavo le pinne e andavo a fare snorkeling a Los Gigantes, quando facevo le verticali in spiaggia, quando ho dormito in un sacco a pelo sotto le stelle a Benijo. Mentre guidavo, mentre mi facevo la doccia nel cortile del camp, quando andavo a dormire nella mia tenda e mentre mi lavavo i denti in mezzo al nulla. Quando cenavamo tutti insieme, ma anche quando ero da sola. Non ho mai avuto un pensiero negativo, mentre ero via.
Mai.

Se avete visto le mie storie su instagram, vi sarete accorti sicuramente di una cosa: che in aeroporto, al ritorno, stavo male. Ho iniziato a pensare che tornare a casa non fosse la strada giusta. Sentivo l’isola che mi stava chiedendo di restare, in ogni modo possibile. E io non l’ho ascoltata. Sono salita su un aereo che mi ha riportato ad una quotidianità strana, fatta di riflessioni e costanti pensieri.

E mi guardo spesso il tatuaggio fatto al polso destro, chiedendomi se, il giorno in cui tornerò, rivivrò le stesse farfalle allo stomaco di quando ho realizzato che ho aggiunto un altro luogo alla minuscola lista dei miei posti nel mondo.

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